Una donna ha riportato «estese scottature» alla pelle del viso, dell’addome e di una mano in seguito all’esplosione del cellulare che stava posando su un ripiano. In ospedale l’hanno dimessa con la prognosi di 20 giorni. E’ accaduto mesi fa ad una torinese in vacanza in Riviera: la notizia dell’infortunio si apprende solo ora con l’avvio, dopo la denuncia della signora, di un’indagine da parte di Guariniello.
Il medico legale che l’ha visitata per conto del magistrato ha evidenziato il «persistere di residui arrossamenti» nelle parti del corpo colpite. Una consulenza tecnica sui resti del cellulare ha invece consentito di mettere sotto accusa la batteria dell’apparecchio, acquistata dalla signora nei giorni precedenti in un centro di commercializzazione di ricambi non originali.
Al negozio si è avuta la conferma che la batteria è stata prodotta da un’azienda cinese con una sua rete di distribuzione in Italia. In attesa di capire sino in fondo gli eventuali difetti di funzionamento dell’accessorio, sono scattati i primi sequestri a titolo precauzionale.
Guariniello ipotizza il reato di immissione sul mercato di prodotti pericolosi. Molti importanti sono ritenuti la testimonianza della donna e il referto dell’ospedale dove è stata soccorsa: in particolare sul dettaglio della «fuoriuscita dalla batteria, in seguito alla fiammata, di materiale polveroso che le si è appiccicato sulla pelle provocando, si ritiene, le estese scottature riscontrate».
Il rivenditore torinese di questo tipo di accessori «made in China» non ha segnalato analoghi incidenti. L’«esplosione di cellulari» è un rischio di cui Guariniello ha avuto notizia da riviste scientifiche. Se ne parla (e discute) anche sulla Rete, spesso con scetticismo. E’ tuttavia un fatto che nei giorni scorsi la polizia municipale di Milano abbia sequestrato oltre 200 mila fra batterie e caricabatterie per telefoni cellulari al litio, contraffatti e «altamente infiammabili».
Il blitz dei vigili urbani è stato compiuto nel magazzino, alla Bovisa, di due commercianti cinesi, marito e moglie. Tutte le batterie sequestrate recano il marchio «CE» contraffatto: i prodotti erano destinati alla rete di vendita di Milano e dell’hinterland.
L’anno scorso, in agosto, si era diffuso un serio allarme per la facilità con cui si surriscaldavano le batterie, quella volta originali, di una notissima azienda di cellulari. Fu la stessa casa finlandese a confermare il difetto di 46 milioni di suoi accessori: «Le batterie potrebbero potenzialmente surriscaldarsi a causa di un un possibile corto circuito nella fase di ricarica, provocando la fuoriuscita della batteria dalla propria sede». La multinazionale si era decisa ad ufficializzare il rischio di incidente dopo aver «registrato» un centinaio di casi di surriscaldamento delle batterie, «senza che siano stati riportati significativi danni da persone o cose». L’incidente alla signora torinese apre un altro scenario.
Fonte: Lastampa.it