Due squilli inviati e due ricevuti. Ed è fatta. Le parole se ne vanno a ramengo e non servono a niente. Con un paio di indicazioni sonore si trasmette la passione, un calorico «ti amo». Ma un solo squillo di telefonino sollecita una richiesta più prosaica: «Chiamami, il mio credito è terminato». Già, proprio così: si esauriscono molto, troppo velocemente le ricariche quando si abusa degli Sms, specie in Italia dove i messaggini sono i più costosi d’Europa (da noi si spende quasi il doppio che nella media Ue e cinque volte più che in Danimarca). Forse è proprio per questo che il genio italico degli adolescenti ha rinnovato l’arte di arrangiarsi, sostituendo gli short messages con gli squillini del cellulare.
Gli Sms, una delle modalità tra le più diffuse della comunicazione mobile, negli ultimi tempi hanno visto rallentare decisamente il loro tasso di sviluppo prima esponenziale, fino a registrare punte di contrazione prossime al 20 per cento, solo in parte compensate dai tagli tariffari. A far segnare questa battuta d’arresto sono gli esponenti della cosiddetta mobile generation, quegli under 20 che negli ultimi tempi avevano maggiormente alimentato il mercato degli Sms. Ora, costi a parte, ci si è messa di mezzo la crisi economica che induce le famiglie a tener più tirati i cordoni della borsa.
A documentare questa rivoluzione per nulla silenziosa nel mondo delle relazioni virtuali giovanili è la ricerca, per l’istituto Minotauro di Milano, dello psicoterapeuta Matteo Lancini, autore con Laura Turuani del saggio «Sempre in contatto» (Franco Angeli editore). Gli studiosi hanno utilizzando un campione di più di mille ragazzi per scoprire tutti i segreti dei loro rapporti mediati dalle nuove tecnologie.
«A testimonianza che i giovani e le loro attività di comunicazione con i cellulari risentono della crisi ci sono le campagne di abbonamento delle varie compagnie telefoniche. Non a caso sono rivolte soprattutto agli adolescenti. Tutte mettono l’accento su come sia possibile spendere pochissimo telefonando e messaggiando a volontà», osserva Lancini. «In realtà non è proprio così.
I ragazzi, oggi tenuti sotto pressione dalle famiglie, tentano altre strade. Per esempio, battono quella dei contatti online tramite il frequentatissimo programma Microsoft Messenger. Msn, perennemente in funzione, aiuta a tener lontano il senso di abbandono proprio dell’adolescenza. Senza spendere niente come con gli squillini. Il bisogno degli adolescenti di essere sempre in stretto rapporto è molto intenso: ne hanno bisogno per autodefinirsi e acquisire consapevolezza di sé».
A testimonianza che il telefonino per l’età più verde è indispensabile ci sono le cifre. Mentre la tivù entra nel 95,9 per cento delle famiglie italiane, il cellulare segue con l’85,5 di penetrazione. Quando però nei nuclei familiari c’è un minorenne l’uso della telefonia mobile è pari a quello del piccolo schermo. Se al cellulare, dunque, non si può rinunciare, degli Sms ci si può in parte privare.
Più del 50 per cento degli adolescenti intervistati oggi dichiara di inviare da 1 a 5 Sms al giorno proprio nel tentativo di contenimento dei costi. «Per anni si è parlato delle ultime generazioni come di quelle più abbandonate e solitarie – commenta lo psicologo – E’ vero il contrario. Tra scuola materna, asilo, campi estivi e doposcuola i giovanissimi hanno sempre vissuto in contesti con un alto tasso di socializzazione».
Ecco la funzione degli squillini: un tredicenne oggi ne riceve di media una dozzina. Ma c’è anche chi supera i 20 nell’arco delle dodici ore. «Persino a scuola ci si sente soli – spiega lo psicologo – Si mette il telefonino in modalità vibrazione e il ronzio suggerisce che qualcuno ti pensa». Maschi e femmine trillano in maniere diverse. Le ragazze (37 per cento) dicono che pigiano sul tasto per «comunicare un pensiero». I maschi (36 per cento) per chiedere una ricarica. Dopo l’era della tribù del pollice e degli Sms siamo nell’epoca della generazione-squillo. Senza equivocare sui termini, naturalmente.
Fonte: Lastampa.it