PIU’ a Nord vai, in Europa, meno paghi con il cellulare. Così la Spagna è uno dei Paesi con le tariffe più care al mondo. Ma anche in Nord America il conto è salato, a parità di traffico fatto tra sms e chiamate. E l’Italia? È nella zona dei “cattivi”: anche se non arriva al livello della Spagna, è tra i Paesi europei dove il costo del traffico su cellulare è più caro. È il risultato di uno studio indipendente dell’Ocse (Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica). Esamina tre profili d’uso del cellulare (alto, medio e basso spendente) e confronta le tariffe del 2008 in 30 diversi Paesi (i più sviluppati al mondo), per lo stesso paniere.
Un aspetto interessante è che tra il Paese più economico e quello più caro ci può essere una differenza di 4-5 volte, nei costi, a parità di utilizzo. L’Italia se la cava meglio per il profilo alto spendente (1680 minuti l’anno, 660 sms, 12 mms), per il quale è un po’ più economica rispetto alla media dei Paesi analizzati. Qui la più cara è la Spagna: 950 dollari, contro i 190 della Danimarca (la meno cara) e i 480 dell’Italia. Nel profilo medio spendente (780 minuti, 600 sms, 8 mms) la meno cara è l’Olanda (120 dollari), mentre fanno peggio gli Stati Uniti (630 dollari) e a seguire la Spagna. L’Italia è a 400 dollari, contro la media Oecd di 300 dollari.
Ma le veri dolenti note, per gli italiani, sono per il profilo basso spendente. Ed è un paradosso, perché l’Italia si mostra così più cara proprio per quegli utenti che vorrebbero spendere meno con il cellulare. È inoltre il solo profilo per cui l’Oecd ha considerato anche le offerte prepagate, che in Italia sono la stragrande maggioranza. In Italia, per 360 minuti, 496 sms e 8 mms, in un anno, si spendono 195 euro, contro la media Oecd di 163. Circa quattro volte in più rispetto ai Paesi più virtuosi, Danimarca, Finlandia e Svezia. I peggiori sono, ancora una volta, Stati Uniti e Spagna.
Le tariffe negli Stati Uniti sono alte un po’ per il maggiore costo della vita e un po’ per motivi strutturali (gli operatori hanno elevati costi per portare la rete in aree molto ampie, anche in zone con bassa densità di popolazione).
In Europa, invece, le differenze di prezzo riflettono i diversi livelli di maturità della concorrenza. Che è molto sviluppata in Nord Europa, soprattutto grazie alla robusta presenza di operatori mobili virtuali. In Scandinavia sono arrivati prestissimo, nel 1999, e hanno potuto incidere sui prezzi, spingendo su tariffe low cost. L’Italia è stata invece uno degli ultimi Paesi ad avere i virtuali. Adesso sono una dozzina, mediamente economici, ma non sono riusciti a spingere in basso la soglia dei prezzi. Hanno del resto una quota di mercato ancora piccola, come segnalato di recente dall’Autorità garante delle comunicazioni, e piuttosto concentrata nelle mani di Poste Mobile (ha il 50 per cento degli utenti dei virtuali italiani).
Sulla situazione dei prezzi in Italia incide anche la scarsa popolarità delle tariffe in abbonamento, a causa dell’anacronistica tassa di concessione governativa.
Fonte: Repubblica.it