L’argomento ricorre spesso: la gente vorrebbe che gli operatori cellulari, ove vogliano davvero venire incontro alle esigenze di chi si trova in zone digital-divise, mettesse a disposizione del pubblico delle tariffe realmente flat per il collegamento a Internet. Ma la notizia si ripropone, inclemente e identica: non esistono tariffe realmente flat per il collegamento alla Rete tramite cellulare.
Va detto che oggi gli operatori italiani hanno, almeno in parte, “allentato” la presa, concedendo tariffe a tempo (e non a traffico) di costo equivalente ad una linea ADSL, confezionandole con un monte ore abbastanza elevato. Un esempio è Maxxi Alice 100 di TIM: 100 ore di collegamento alla Rete a 20 Euro/mese. Le sessioni hanno durata minima di 15 minuti e le 100 ore sono sfruttabili nell’arco di un mese. Unico neo: non conviene collegarsi per meno di un quarto d’ora. In compenso, nelle 100 ore si può scaricare quanto si vuole, da chi si vuole, come si vuole: l’unico vero problema è la velocità, solo teoricamente pari a 7,2 Mbps ma praticamente mai raggiungibile davvero, neanche con il miglior modem 3G/HSDPA di questo mondo.
Gli altri operatori, facendosi (più o meno apparente) concorrenza (più o meno pulita e/o legittima) non sono rimasti a guardare: Wind ad esempio offre la stessa quantità di ore a 15 Euro/mese anziché 20 e, se si sottoscrive entro l’11 ottobre 2009, fa risparmiare anche l’attivazione. Vodafone è forse tra le più “severe”, nel senso che pone sempre e comunque un tetto, sia di traffico che di tempo, ma per un utilizzo medio (soprattutto, ahem… onesto, senza P2P, VoIP e simili) offre anche lei quote più che accettabili. Con Vodafone, come già più volte abbiamo evidenziato nelle pagine di questo blornale, occorre prestare particolare attenzione alle note, in cui l’operatore precisa tutti i pali e paletti nei quali, se si è distratti e superficiali, si rischia di imbattersi.
Anche 3 Italia largheggia più di quanto facesse in passato: l’offerta dell’operatore spazia ma, per rimanere nella stessa fascia, le 100 ore si ritrovano nella Tre.Time Abbonamento (100 ore al mese a 14 Euro mensili).
Però… però… però nessuna, assolutamente nessuna è davvero flat. Il paletto, dannazione, c’è sempre: o sul traffico, o sul tempo, ma c’è sempre. Non solo: impossibile dirsi soddisfatti con una di queste formule sotto il profilo della velocità. Anche se si è onestissimi e non si utilizzano mai, assolutamente mai BitTorrent, Emule o il VoIP, gli spauracchi più temuti da tutti gli operatori. È ormai risaputo, fin da quando proprio qui si parlava per le prime volte di Vodafone Station, che i 7,2 Mbps sono del tutto figurativi, ci si può ritenere fortunati se si naviga a 1,5/1,8 Mbps.
Dunque, perché? Una prima risposta può essere ricavata da quanto AT&T, il maggiore operatore telefonico statunitense che esercita anche la sua brava rete cellulare in terra a stelle e strisce, ha visto accadere da quando c’è in giro il melafonino. Per il quale, occorre ricordarlo, l’operatore ha confezionato piani tariffari dati che al solo esaminarli suscitano stizza e invidia negli italiani. Aprire bene gli occhi: il PDA Personal di AT&T reca la scritta “Unlimited”, cioè senza limiti, ma sul serio. E costa 35 dollari al mese. Unico paletto: niente tethering, ovvero non si può (e non si deve, dice AT&T) navigare sfruttando il cellulare come modem.
Peccato che avere in mano uno strumento come un iPhone non significa affatto fare gran che meno traffico che con un PC: basta leggersi questo piagnisteo che l’operatore ha sbandierato sul New York Times qualche giorno fa con l’aiuto di qualche analista non proprio… non di parte . “Non si accorgono neppure di quanti dati fanno transitare”, ha detto al quotidiano Gene Munster, un analista senior di Piper Jaffray.
Il risultato? Cadute di linea, servizio presente a sprazzi, SMS consegnati in grande ritardo e velocità di download risibilmente ridotta. E clientela risentita, piagnucola AT&T per voce del Times. Ah, occorre tenere anche presente che solo gli utilizzatori di iPhone, come precisa ZDNet, sono nove milioni.
Tutto chiaro? Bene. Ora immaginare per un attimo – tenendo ben a mente la propensione tipicamente italiana a vendersi la pelle dell’orso più volte – cosa potrebbe accadere se gli operatori cellulari italiani, le cui reti di certo non sono migliori di quelle del colosso AT&T, aprissero tutti i rubinetti e “lasciassero fare” liberamente: sarebbe un disastro, la rete cellulare sarebbe esposta al rischio di collasso in men che non si dica.
Si può star certi che l’interesse non è sulla parte dati (ovvero: chissenefrega se la velocità di connessione a Internet diventa risibile), ma sull’effetto collaterale che il suo collasso avrebbe sulla parte voce e messaggi: chiamate perse e SMS non recapitati significherebbe intaccare la fetta di business più generosa, quella che a costi ormai praticamente nulli fa entrare nelle casse degli operatori milioni e milioni di Euro. Alla luce di tutto questo, potrebbero mai farlo? Si, solo decuplicando la capacità della loro rete. Cioè mai, o almeno non in tempo utile per poterne usufruire da vivi.
Inutile dunque fare tanti bei discorsi sulla convergenza fisso-mobile, sulla connettività anti-digital-divide, sul numero unico che ti segue ovunque. Finché la filosofia alle spalle (attualmente impostata su: “investire il meno possibile, anche a discapito della clientela di medio-alto livello, sfruttare ciò che c’è fino all’osso, spennare il cliente il più possibile, nessun investimento preventivo a medio-lungo termine”) non cambierà e guarderà davvero avanti, l’arma resterà una ed una sola: radiografare accuratamente le proposte degli operatori, analizzarle fino all’ultimo capello, fargli un’accurata Risonanza Magnetica per esaminare tutti gli aspetti, anche i più nascosti. Ed accettare le loro proposte con consapevolezza estrema.
Ci vuole una mano? Ma è ovvio: perché, altrimenti, dovremmo star qui a parlarne?
Fonte: Nbtimes.it