Telefonini, palmari e pc portatili venduti con uno sconto del 25% rispetto al loro valore commerciale. Un’occasione troppo ghiotta per alcuni commercianti all’ingrosso, che ora rischiano di finire nei guai, per farsela sfuggire: in molti, secondo la guardia di finanza, hanno acquistato sotto costo apparecchiature elettroniche e per telecomunicazioni da una banda di truffatori che, in due anni, ha movimentato su conti correnti bancari almeno 450 milioni di euro.
Denaro svanito nel nulla, lasciandosi dietro una scia di 90 milioni di Iva non versata allo Stato. Ma non solo: gli investigatori del comando provinciale, coordinati dal generale Andrea De Gennaro, hanno scoperto che parte dei guadagni del maxi- raggiro all’Erario è stato utilizzato per comprare appartamenti, terreni e beni di lusso (e anche quote societarie), ora prossimi al sequestro.
Quattro persone, due delle quali pregiudicate, sono state denunciate dagli investigatori del I Gruppo della Finanza: secondo loro sono gli organizzatori della colossale truffa, basata sul commercio dal nord Europa (Germania, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, ma anche Lussemburgo, Slovenia e Spagna) di materiale hardware e software. Acquisti che non lasciavano tracce, perchè le fatturazioni, false, venivano fatte da società inesistenti intestate a prestanome.
Una decina di anziani complici del quartetto, ricompensati con 2.000 euro al mese, un telefonino e qualche scheda ricaricabile. I truffatori, uno in particolare, che per gli investigatori era l’amministratore occulto della società- madre, con sede a Roma, al Salario, facevano invece una vita da nababbi: auto di lusso, soldi a palate. Le indagini, coordinate dal maggiore Dario Fasciano, sono scattate nel 2007 da una serie di accertamenti e da un monitoraggio su alcune transazioni commerciali fra società italiane e altre europee.
La scoperta di anomalie negli acquisti ha consentito ai finanzieri di approfondire i controlli: dietro all’attività della società romana, che cambiava continuamente sede, c’era quella di altre ditte come nella più classica truffa «carosello». Decine di investigatori sono stati a lungo impegnati in appostamenti e pedinamenti delle persone coinvolte nel raggiro. Fra queste, come detto, anche alcuni commercianti romani e titolari di piccole catene di distribuzione (anche se la truffa si estende in Lombardia, Liguria e Campania) che non avrebbero esitato a rivolgersi al magazzino dei truffatori, al Salario appunto, per ritirare merce a prezzi vantaggiosi ordinata e spedita a Roma nei cassoni dei tir.
Fonte: Roma.corriere.it