Eric Schmidt, un giorno prima dell’apertura del Ces a Las Vegas, ha presentato al mondo il nuovo Googlefonino, chiamato, con un certo gusto per la fantascienza di un tempo, Nexus One. Ora, se dovessimo soltanto badare alle caratteristiche tecniche dovremmo dire che Google, con l’aiuto di un hardware maker di classe come Htc, ha semplicemente messo in bella copia quello che la Apple ha fatto prima. E ci ha messo be due anni e mezzo. Nel senso che il Nexus One è la cosa più simile a un iPhone che l’azienda di Mountain View potesse realizzare senza farsi fare causa. Certo, la fotocamera è migliore, e a leggere i primi commenti, l’integrazione con Google fa impressione, la velocità d’esecuzione delle applicazioni è spettacolare, ma non c’è nulla che possa far parlare di “innovazione”, niente che, a prima vista, rimescoli le carte di un mercato già ben definito. Le novità, infatti, non sono di tecnologia, quando di mercato. La più rilevante è che Google venderà il telefono in esclusiva, soltanto on line dunque, mancando nelle strade dei Google Store (almeno per ora). Scelta che mette l’azienda di Page e Brin in una posizione nuova e interessante, quella di venditori diretti di hardware, anche se non prodotto da loro. Vendita di atomi e non di bit, il che fa una notevole differenza. Seconda novità è che il telefono viene venduto con due opzioni, quella “libera”, per la quale ognuno sceglie l’operatore e l’abbonamento che preferisce, e quella “legata” a un carrier telefonico (T-Mobile per ora e Verizon in primavera). Il che significa che, per quello che riguarda gli Stati Uniti, Google punta a cambiare le regole del gioco, e diventare attore in prima persona, non condizionando il proprio futuro a quello dei “gatekeeper” telefonici che, in prospettiva, dovrebbero avere meno peso nel mercato del futuro disegnato da Schmidt nella sua strategia. Strategia che può essere riassunta brevemente così: visto che non posso, almeno per ora, offrire un prodotto migliore o sostanzialmente diverso dall’iPhone, provo a rivoluzionare il mercato e ad offrire agli utenti un alternativa da questo punto di vista. Schmidt punta quindi (all’opposto di Apple) non solo ad un software aperto (Android), ma anche ad un mercato aperto di applicazioni realizzate liberamente, e ad un mercato telefonico libero, nel quale sceglo prima che telefono voglio e quindi, l’operatore. Nulla di più di quello che abitualmente facciamo quando compriamo un pc. Prima scegliamo la macchina, a seconda delle nostre esigenze, necessità e piaceri, poi decidiamo con chi fare l’abbonamento ad Internet. Cosa che invece accade solo relativamente nel mondo dei cellulari, dove gli operatori offrono spesso in esclusiva modelli di telefoni legati a specifici piani di abbonamento. Nexus One è un telefono di fascia alta, uno smartphone a 529 dollari se acquistato “libero”, e 79 dollari se preso con un abbonamento biennale a T-Mobile. In Italia arriverà in primavera con la Vodafone.
Insomma, il Nexus One è un altro telefono Android, “genere” che pur avendo un ottima stampa non ha ancora raccolto un successo rimarchevole, non è riuscito a scalfire di molto il dominio assoluto di Apple. E Schmidt, che sa bene a cosa punta, non ha messo sul mercato uno smartphone che vuole affondare l’iPhone, ma un’ipotesi di mercato che potrebbe, vorrebbe, cambiare davvero, a lungo termine, lo scenario, facendolo diventare simile a quello dei computer: compro la macchina da chi voglio, compro da chi voglio il software che meglio si adatta ai miei desideri, scelgo il collegamento alla rete che mi sembra più conveniente. Il che, se riuscisse davvero, sarebbe una vera rivoluzione.
Per ora Google vende i suoi telefoni alla vecchia maniera, perchè, come ha detto Schmidt nella conferenza stampa, “prima bisogna essere nel mercato, poi lo si può cambiare”. E da digirente realistico Schmidt per il momento non pensa che Nexus One possa fare grandi numeri, le stime parlano di circa 150.000 macchine vendute nel 2010. una goccia nel mare.
Avrà successo la strategia di Google? Non sarà facile. Principalmente perchè gli operatori telefonici non decideranno di loro volontà di perdere una fetta di controllo di mercato in favore degli utenti, a meno che questi non dimostrino nei fatti (acquistando in massa il Nexus One “libero” dai negozi on line di Google, ad esempio), che è quello che vogliono. E secondo, ma non secondario, Google deve continuare a proporre del software in grado di competere con quello che gira su iPhone, a partire dal sistema operativo. E delle macchine che siano “sexy”. Punto, questo, in parte ancora irrisolto, perché Google, a differenza di Apple, non produce da se i suoi smartphone.
Per ora Android ha prodotto molta stampa e poche vendite. Ma con Google abbiamo imparato a “mai dire mai” e ad aspettare per vedere cosa accadrà domani.
Fonte: repubblica.it